I Protagonisti

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Gianfranca Duca

Direttrice presso la RSA "Le Residenze del Sole" e Presidente del "Poliambulatorio Consorzio del Sole" a Cinisello Balsamo.

La vera sperimentazione di questo progetto consiste nel passare ad un paradigma di valorizzazione della persona: mentre nelle forme più tradizionali di residenza come RSA e RSD bisogna seguire per forza di cose dei criteri “rigidi” nella progettazione degli ambienti, con Domea si passa a nuove forme di abitare in cui c’è grande attenzione alla personalizzazione dell’intervento, già a partire dalla fase di coprogettazione. Ecco allora che si entra in una realtà che non è più solo un “servizio”, ma diventa un luogo in cui sentirsi a casa. E qui, quando parliamo di casa”, ci riferiamo al valore più caldo, emotivo e accogliente di uno spazio in cui ciascuno può essere sé stesso. 

Ciascun abitante potrà dire “La mia stanza è stata progettata da me, sulla base dei miei gusti e dei miei hobby. La mia vita entra dentro questa casa”.

L’idea poi è quella di andare a creare, oltre agli spazi di individualità, anche delle forme di socialità condivisa dentro la casa. In una fase della vita in cui, spesso, la socialità viene minata dalle condizioni di salute, noi vogliamo che con Domea la casa non sia più un luogo chiuso, ma aiuti gli anziani a superare quella condizione di solitudine involontaria che spesso li accompagna. E questo è vero anche per le persone con disabilità, spesso tenute in una condizione di infantilizzazione da parte delle famiglie che, certo con un obiettivo di protezione, tendono però a concedere pochi spazi di vita adulta. E invece sono anche le relazioni con gli altri a renderci cittadini attivi e parte della comunità.

In una RSA tradizionale si propone un servizio che, per certi versi, è standardizzato. Per quanto si provi a personalizzare, i tempi e le attività (quando mangiare, quando dormire, quali attività svolgere con gli animatori) sono “scanditi” dai tempi dell’organizzazione.

Invece la possibilità di sperimentare forme di abitare diverse, a partire dal coinvolgimento della comunità, rappresenta una svolta inedita. Diciamo che in una RSA la dimensione prevalente è la cura sanitaria. I medici, gli infermieri, i fisioterapisti hanno un ruolo preponderante. Anche le domande dei familiari sono quasi sempre legate al tema dell’assistenza socio-sanitaria (“Quando è stato visitato dal medico?”, “Quanta fisioterapia ha fatto?”). L’approccio che usiamo in Domea invece è diverso, il focus è sul benessere generale della persona. Ciò non significa che non daremo più assistenza sanitaria, ma che faremo una riflessione diversa su quali sono tutti gli aspetti che contribuiscono alla qualità della vita.

Di sicuro, andremo a rompere degli schemi. Oggi, quando una persona anziana arriva in struttura, la RSA se ne prende carico a 360° e quello diventa il suo mondo. In Domea non esiste più un interno/esterno, ci sono delle equipe multidisciplinari che devono continuamente relazionarsi con l’esterno, gli educatori delle persone con disabilità incrociano quelli delle persone anziane e viceversa. Gli equilibri cambiano, ci viene chiesto di lavorare in una situazione multidimensionale. Di sicuro è una sfida che ci porterà in territori inesplorati.

Oggi le aspettative di vita sono più lunghe, negli ultimi 10 anni in RSA non è più una novità compiere 100 anni. Spesso però questa maggiore aspettativa di vita è accompagnata da fragilità e vulnerabilità, da un progetto di vita interrotto. Invece, provare a pensare e a costruire un “progetto personale” che sia in continua evoluzione e che permetta anche alle persone anziane di determinare le proprie volontà rispetto alla casa (“Vorrei la camera con le pareti gialle”, “Vorrei che ci fosse una libreria perché leggo molto”), rappresenta una vera rivoluzione.

Ecco allora che, partendo dai desideri e dagli interessi della persona, io devo programmare tutti i supporti che gli permettano di continuare a fare anche in “futuro” quello che gli piace fare “oggi”. Ritorniamo all’esempio dell’anziano a cui piace leggere. Nel suo progetto di vita andiamo ad inserire degli strumenti tecnologici che gli consentiranno di continuare a leggere ancora per molto tempo. Per esempio, e-book per ingrandire le parole, tablet con contrasti di colore molto accesi e visori per migliorare la visione che è o diventerà limitata. 

Diciamo che progetteremo tutto quello che permetterà alle persone di continuare a fare le cose che danno gioia, provando così anche ad arginare il problema della depressione senile.

Non possiamo permettere che una persona si rassegni, anche se ha 80 anni.

In Domea ci saranno molti supporti per rendere la casa più amica. La domotica è una tecnologia molto intuitiva per l’anziano o per la persona con disabilità e permetterà loro di vivere la casa in una dimensione di libertà.

Per esempio, le tapparelle che si alzano si abbassano con un comando vocale e i segnali luminosi che indicano il tragitto per il bagno o per la camera da letto rappresentano solo alcuni esempi di come si possa rendere casa una casa vivibile in autonomia “fino all’ultimo” anche se chi ci abita non possiede particolari competenze tecnologiche.

Purtroppo, quando la casa diventa non più funzionale per l’anziano perché il bagno è troppo stretto per far entrare la sedia a rotelle o perché ci sono troppi scalini per entrare, si pensa subito alla RSA. Purtroppo è una mentalità diffusa, si dice “Non ti metterai mica a ristrutturare il bagno a 80 anni?!!”. E invece no, ancora una volta non dobbiamo permettere che l’anziano si rassegni. 

Non è lui a dover lasciare la casa, è la casa che si deve trasformare.

E in questo ci aiuta il design inclusivo che rende la casa più semplice da utilizzare, e ci aiuta tanto anche la domotica come strumento potente di libertà di movimento e soprattutto di permanenza nella casa.